domenica 20 settembre 2009

Sfida senza Regole



Da grandi aspettative derivano grandi delusioni. Parafrasando l’Uomo Ragno di Sam Raimi, si può commentare così questo lavoro del regista statunitense Jon Avnet, giustamente apprezzato per i suoi Pomodori verdi fritti alla fermata del treno del 1991 ma in questo caso colpevole, non l’unico certamente, di aver sprecato una occasione rara e per questo potenzialmente indimenticabile. La possibilità di poter dirigere due attori leggendari come Al Pacino e Robert De Niro è un onore ma sicuramente anche una grande responsabilità, poterlo fare per lo stesso lungometraggio, nella stessa inquadratura, è una indimenticabile delusione, se ciò che si ottiene è questo Sfida senza regole (Righteous Kill).
A 34 anni da Il padrino - Parte II, dove Francis Ford Coppola non poté mai farli recitare assieme nella stessa scena, a causa delle differenti linee temporali che seguivano le loro avventure criminali, e a 14 anni da Heat - La sfida, dove invece Michael Mann riuscì a confezionare un appassionante poliziesco, con un De Niro ladro incallito e un Al Pacino poliziotto implacabile, anche se, su quasi 3 ore di pellicola, i minuti di faccia a faccia sono veramente pochi ma forse per questo ancora più memorabili, arriva l’attesissimo terzo incontro fra queste due icone del cinema d’oltreoceano e la delusione è subito cocente.
Qui i nostri eroi recitano assieme in gran parte delle scene, si sorreggono e si superano senza decretare un vincitore, ma questo sta solo a dimostrare ancora un volta, se ce ne fosse davvero bisogno, la loro bravura recitativa ed interpretativa. I problemi nascono proprio da questo: i due grandi attori danno prova di un mestiere, frutto di decenni di lavoro senza pause, che per loro non ha più segreti e che riescono a piegare secondo le esigenze del momento. Troppo, tanto da dare l’impressione di un gioco a due, fra loro due soli, fatto di battute, sguardi e dialoghi che potrebbero benissimo stare in un corso di perfezionamento per aspiranti attori. Ma è tutto il resto che manca, purtroppo. Perché se vedere questi due quasi settantenni al lavoro è una delizia per gli occhi, certo non può nascondere, al pubblico in sala o sdraiato sul divano di casa, le troppe falle, intoppi e, diciamola tutta, la palese inadeguatezza di questa sceneggiatura. È ed un vero peccato, visto che la firma Russell Gewirtz, geniale mente dietro il meccanismo di Inside Man, film del 2006, diretto da Spike Lee.
La trama è abbastanza scontata e già vista in decine di film, due poliziotti, in coppia da una vita, diversi eppure complementari, si trovano a dover affrontare, quasi alla fine della loro carriera, un serial killer poeta, ch sembra accanirsi solo con i peggiori elementi di una New York che cerca malamente, in vari momenti, di assomigliare alla Città disperata e senza speranza di Seven. E se si cerca di dare una svolta al film con un finale degno di David Fincher, appunto, o alla I soliti sospetti, e il risultato che si ottiene è scontato e tristemente prevedibile, allora si può ragionare su cosa fece funzionare due film eccelsi come quelli citati prima e cosa diede risalto e forza al lavoro già ottimo di un attore come Kevin Spacey: una sceneggiatura di ferro, senza sbavature né incoerenze. Cosa che purtroppo spesso manca a queste grandi produzioni americane, la cui bravura e tecnica sono fuori discussione, e certo in questo genere di pellicole sono elementi fondamentali, ma che cadono proprio su ciò che è più importante in un “giallo”, come già i grandi classici Hercule Poirot e Sherlock Holmes insegnavano quando ancora il cinema muoveva i suoi primi passi e la gente si emozionava una pagina dopo l’altra, una storia, si legga nel nostro caso sceneggiatura, il cui ingranaggio sia impeccabile nella sua solidità e credibilità. Questo è la sola vera cosa importante, il resto è un di più che non guasta, ma che non copre l’eventuale mancanza di fondamenta.
Si aggiungano personaggi stereotipati, un pessimo 50 Cent, nel ruolo, guarda caso, di rapper famoso quanto spacciatore, e la stessa scena di esterni montate due volte, con lo stesso passante con lo zaino che si fa notare mentre tranquillo, in mezzo alla solita folla, percorre una delle immense vie dove si muovono i nostri poliziotti, buoni ma dall’animo travagliato e non senza macchie, come vuole e pretende il tanto abusato luogo comune.
Un’occasione sprecata, ecco cosa si pensa mentre scorrono i titoli di coda, ed aspettative che più sono grandi più fanno male, quando vengono deluse.
T.

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