sabato 23 maggio 2009

Angeli e demoni, in formato 8 millimetri.


Lo dico subito, a me (e anche a Gus) Angeli e demoni, regia di Ron Howard, non e` proprio piaciuto.
Le attese per le nuove avventure di Robert Langdon (Tom Hanks) erano alte, dopo Il codice da Vinci, anche se in realta` il romanzo "Angeli e Demoni" è un prequel di "Il Codice Da Vinci", il film, invece, è un sequel. Purtroppo si passano due ore e mezza, in giro per una Roma ricostruita e finta, tra enigmi banali e semplicissimi, tensione che rasenta la noia e dialoghi sul rapporto scienza - fede veramente imbarazzanti per quanto siano didascalici e scontati (Ewan McGregor che ti e` successo?). Inoltre i protagonisti, Robert Langdon (Tom Hanks) e Vittoria Vetra (Ayelet Zurer), sono delle enciclopedie viventi, sanno gia` ogni cosa, la sanno a memoria e basta chiedere per risolvere o capire qualsiasi mistero. Tutte le risposte sono gia` nelle loro teste, incredibile!
Ultima nota: l'attore nostrano Pierfrancesco Favino, qui comandante della Gendarmeria Vaticana, (come gli altri attori nel ruolo di solerti agenti delle nostre forze dell'ordine) e` tristemente solo uno stereotipo classico dell'italiano che siamo abituati a vedere in tv, che dice cose tanto improbabili da farci pensare che stia recitando in un film comico.
Giudizio conclusivo: un'occasione persa (e soldi che si vorrebbero chiedere indietro).

Poi torni a casa dal cinema, accendi la tv, ovviamente ad orari da terza serata, e vedi che stanno trasmettendo uno dei film che più mi ha colpito negli ultimi anni, 8mm - Delitto a luci rosse, regia di Joel Schumacher, anno 1999.



Un film di denuncia sicuramente, e per questo spesso volutamente sopra le righe, ma con un Nicolas Cage (all'anagrafe Nicholas Kim Coppola) in stato di grazia. Un viaggio all'inferno, tra violenza estrema ed emozioni a pagamento, dove però i veri cattivi in fondo siamo noi, non chi commette realmente questi crimini, perchè è la nostra noia e la nostra morbosa curiosità, che sfoghiamo davanti a uno schermo, che permettono a questo mondo di vivere e prosperare. E da questo incubo non si può che uscirne perdendo l'innocenza e il sonno, anche se si è guidati dalle migliori intenzioni.
Un film poco conosciuto ma una delle migliori interpretazioni del nipote di Francis Ford Coppola, secondo me, insieme a Via da Las Vegas, del 1995.
Cupo e senza speranza, come la banalità del male, per citare Hannah Arendt, e un grido per ricordarci il peso delle nostre responsabilità, anche su ciò che vediamo e che tolleriamo.
T.

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